Politiche Sociali della famiglia

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I

Interventi gestiti dall’Ente locale

Ogni Ente locale interviene con azioni specifiche a tutela della famiglia. Lo fa il Comune di Sassari e lo fanno tutti gli altri enti locali in modo graduato a seconda della entità delle risorse a disposizione.

Per esempio lo fa con la gestione degli asili nido, con azioni mirate a prevenire l’istituzionalizzazione, fronteggiare situazioni problematiche e di vulnerabilità psico-sociale, ridurre il rischio di allontanamento dei bambini dal nucleo familiare d’origine.

Importante è il servizio di Educativa Territoriale (SET) che sostiene la famiglia, supporta le capacità genitoriali, rafforza la funzione educativa degli adulti e il supporto dei minori,  favorisce il loro processo di crescita e il superamento di condizioni di svantaggio socio-educativo, relazionale e culturale.

Esiste il servizio per le famiglie, un luogo dove esercitare il diritto di visita, chiamato “Neutro”, protetto per la relazione con il bambino in un ambiente  esterno alle vicende conflittuali. Si aiuta la relazione figli e genitori in seguito a separazioni o divorzi  conflittuali, affido e altre vicende di grave e profonda crisi familiare. Il destinatario principale è il bambino ed il suo diritto a mantenere una buona relazione con entrambi i genitori. Nell’ambito del servizio il Comune di Sassari collabora con le Autorità Giudiziali (Tribunale per I Minorenni, Tribunale Civile e Tribunale Penale), Avvocati, ASL (CONSULTORI, UONPIA,CSM, etc.), Servizi Sociali dei Comuni.

Il Comune di Sassari interviene inoltre con azioni di mediazione gestiti da una equipe multiprofessionale a sostegno delle relazioni familiari in presenza di una separazione o di crisi nei rapporti di coppia. 

Quando all’interno della famiglia emergono situazioni di sofferenza o disagio, il Comune si attiva per una verifica della situazione, per la formulazione di un eventuale progetto di aiuto a tutela del minore, ricorrendo se del caso ad indagini socio-ambientali ex art. 330 ss, 403.cc o ex art. 31 del D.Lgs 286/98 e ad una valutazione delle competenze genitoriali.

Anche alla luce della riforma Cartabia diviene ancora più centrale il lavoro della equipe multiprofessionale, per esempio con l’introduzione della figura del curatore speciale dei minori. 

Il ruolo dei servizi sociali è volto all’accompagnamento delle personealla ricucitura delle relazioni familiari, per costruire un percorso di progettualità, con giudici e le parti e interagire tra le varie funzioni , competenze  e professionalità, dagli educatori, agli psicologi, pedagogisti e altri operatori che intervengono nella mediazione. Così pure per figura del curatore speciale, che deve  fungere da garanzia dei diritti del minore e ha il compito di conciliare le esigenze del bambino  o del ragazzo con quelle dei genitori, ma allo stesso tempo è da considerare dentro questo percorso progettuale. In cui il minore deve essere ascoltato e anch’egli, ove possibile, deve partecipare alle scelte che lo riguardano. La capacità dei servizi sociali sta nel cogliere tutte le dimensioni dell’intervento che è complesso, perché complesse sono le risposte da dare, in un sistema integrato che abbia la capacità di racchiudere sia l’ambito sociale con quello sanitario. Ovviamente il fine principale è ricucire le relazioni e mantenere  i legami parentali.

Quando all’interno della famiglia emergono situazioni di sofferenza o disagio, il Comune si attiva per una verifica della situazione, per la formulazione di un eventuale progetto di aiuto a tutela del minore, ricorrendo se del caso ad indagini socio-ambientali ex art. 330 ss, o ex art. 31 del D.Lgs 286/98 e ad una valutazione delle competenze genitoriali.

E’ attivo il servizio relativo al progetto affido, il servizio di adozione che offre un orientamento, sostegno, e accompagnamento a tutte le coppie e le famiglie nel percorso adottivo, al fine di facilitare l’inserimento del bambino nella nuova famiglia ed una positiva integrazione nel contesto sociale

Se una famiglia, nonostante siano stati disposti interventi di sostegno e di aiuto, non è in grado di provvedere alla crescita e all’educazione, si applicano gli istituti alternativi previsti dalla normativa vigente, tra cui l’inserimento del minore in comunità familiari e/o strutture residenziali o semi-residenziali.

Di recente sono state potenziati i percorsi per contrastare la povertà educativa. 

Ancora per esemplificare: è in corso di avvio il progetto recente del  “Centro in Rete” che guarda alle famiglie e figli  in un’ottica di promozione del benessere e di prevenzione del disagio. Vengono offerti servizi di vario tipo: supporto allo studio, attività di socializzazione, laboratori di animazione e di socializzazione al lavoro, educativa di strada e sportello di ascolto psicologico anche al fine di sviluppare le capacità genitoriali.

Laddove sussistono problematiche di violenza o discriminazioni familari il Comune interviene con il Centro Aurora che svolge un ruolo di supporto alle vittime e mette a disposizione la Casa di accoglienza, struttura che ospita temporaneamente donne con o senza figli minori in situazioni di necessità legate a violenza fisica, sessuale o psicologica garantendo segretezza e anonimato in un ambiente sicuro e solidale.

Delicato è il servizio di assistenza domiciliare che è rivolto a persone in  condizione di parziale o totale non autosufficienza. L’intervento è di supporto nello svolgimento delle attività quotidiane con la finalità di consentire la permanenza nel proprio domicilio, attraverso il miglioramento delle condizioni di vita e di relazione e il mantenimento e sviluppo delle capacità residue.

Con i fondi PNRR si è tracciata una linea di azione  per rinforzare anche  i servizi sociali domiciliari in favore delle famiglie e garantire la dimissione anticipata assistita e prevenire l’ospedalizzazione,  con percorsi di autonomia per persone con disabilità; servizi di accoglienza notturna, ristorazione, mediazione culturale, supporto alla vita quotidiana, consulenza, orientamento al lavoro.

Degne di nota sono le azioni relative alla “Legge 162/1998”, o quelle su “Ritornare a casa”  o “Home Care Premium” attraverso cui vengono predisposti piani personalizzati in favore di persone con grave disabilità, o anziani, trattasi di interventi  che sebbene siano individualizzati si riflettono sulla famiglia. 

Il Comune di Sassari sostiene le famiglie  quando in caso di condizioni economiche disagiate possono chiedere un contributo al pagamento del  canone di locazione per un’abitazione privata; interviene in favore delle famiglie con il reddito di cittadinanza, ora sotto la nuova veste di garanzia per l’inclusione (gil) o prestazione per l’accompagnamento (pal)  che ora sarà ricalibrato e con una analoga misura di contrasto alla povertà materiale del Reddito di inclusione Sociale  (Reis). 

II

Interventi a valenza nazionale 

L’assegno familiare ha rappresentato la prestazione monetaria principale in tema di politiche sociali della famiglia a cui si sono aggiunti altre prestazioni come i premi matrimoniali per le famiglie numerose.   

Le risorse inoltre sono state concentrate per sostenere in prevalenza le pensioni. Minori sono state le risorse a tutela dei problemi delle famiglie con figli, dei problemi legati alle politiche abitative, alla povertà, alla disabilità, alle cure familiari. 

Prima dell’introduzione dell’Assegno Unico Universale, quanto a spesa pubblica per famiglia e figli l’Italia era ben al di sotto la media europea.

Sempre al 2020, la spesa pubblica media per famiglia/figli in Europa è stata del 2,5 per cento del Pil. L’Italia ha registrato   una spesa tra 1,2 e 1,3 per cento del pil, peggio di noi ha fatto Malta. L’ 85 per cento circa delle risorse si è concentrata in benefici in denaro  e solo il 15 per cento in beni e servizi (cioè circa 0,2 per cento di Pil). 

In questi ultimi anni vi è stato un mutamento di entità della spesa sociale a tutela della famiglia. L’introduzione del reddito di cittadinanza, pur con le tante criticità, i problemi di attuazione per la complessità burocratica e la necessità di introdurre dei correttivi  importanti su modalità attuazione e destinatari,  ha in parte aiutato a correggere il divario tra le regioni in termini di povertà nelle famiglie.

Nel 2022 con l’introduzione dell’assegno unico vi è stato un incremento di risorse in favore delle famiglie.

L’assegno unico ha l’obiettivo di rendere più uniforme la legislazione in materia di assistenza sociale in favore delle famiglie. Trattasi di misura che si pone come obiettivo quello di favorire la natalità, la genitorialità, l’occupazione femminile, il sostegno ai figli. Inoltre ha semplificato il sistema di trasferimento con la soppressione delle precedenti  misure che erano:

  1. assegno ai nuclei familiari con almeno tre figlio minori;
  2. assegno di natalità (bonus bebè);
  3. premio alla nascita;
  4. assegno per il nucleo familiare (anf).

Il Governo prima spendeva 11,6 miliardi euro, (tra detrazione e assegno) oltre a 1,3 miliardi per assegni natalità, 0,4 miliardi per nuclei. Ora la spesa è salita a circa 20 miliardi circa e destinatari dell’assegno unico possono essere figli minorenni a carico o figli maggiorenni a carico a condizione che abbiano un età superiore o pari a 21 anni , impegnati in un percorso di formazione scolastica o professionale, un corso di laurea, tirocinio, attività lavorativa limitata o scarsamente retribuita o nel servizio civico universale o per figli disabili a carico.

Gli importi sono composti da quota fissa e quota variabile e coinvolge un potenziale di circa 7,6 milioni di famiglie composte da un solo minore o due.

Con l’incremento di risorse e con l’assegno unico l’Italia riduce il gap rispetto alla media europea arrivando all’1,9 per cento del Pil di spesa pubblica media per famiglia/figli e per l’anno in corso 2023 dovrebbe verosimilmente pervenire al 2 per cento del pil.

Con la Legge del 7 aprile 2022, n. 32  il Parlamento ha dato delega al Governo ( riforma del Family Act) per il sostegno e la valorizzazione della famiglia. Con questa riforma si vuole potenziare il sistema del Walfare. Oltre alla l’introduzione del citato assegno unico e universale, il Parlamento ha delegato il governo di intervenire per la revisione dei congedi parentali e il sostegno ai percorsi educativi dei figli, la sicurezza lavorativa, anche attraverso le misure di sostegno alla lavoro femminile. L’obiettivo è favorire la natalità e attuare politiche di sostegno alle famiglie per venire incontro alla organizzazione familiare alle difficoltà a conciliare lavoro e famiglia.  

La legge presenta aspetti  positivi,  guarda  con favore a potenziare i servizi educativi dei nidi e per l’infanzia ove al momento i posti sono  insufficienti. La quota di copertura dei nidi è del 27% contro un target del 33%; in Italia siamo in sofferenza, i servizi sono bassi,  esistono divari territoriali.

Sul punto merita evidenziare come il Comune di Sassari interviene a favore delle famiglie  e mette a disposizione 8 asili nido comunali per un totale di posti pari a 410. A queste 8 strutture, si aggiungono  le strutture convenzionate che sono 19 e occupano 179 posti per bambini. L’indice di copertura dei posti nei nidi del Comune di Sassari raggiunge il 38%, dato che colloca il Comune al di sopra della media nazionale ( del 27%)  ed europea (del 33%)  rispetto alle domande di accesso ai servizi.

I nidi sono utili perché consentono la cura dei bambini, come luogo di socializzazione e di  educazione.

Le strutture per l’infanzia sono strumento di pari opportunità tra le donne, liberano le madri che altrimenti  non riuscirebbero a conciliare il lavoro con la cura dei figli; il 30% le madri non cerca lavoro perché non può farlo in assenza di strumenti di supporto. 

Con la Legge delega sono previste inoltre a titolo di esempio:

– agevolazioni fiscali per le spese sostenute per i servizi domestici o di assistenza ai familiari con deficit di autonomia assunti con contratto  di lavoro subordinato;

– calibrazione graduale della retribuzione  in base ai giorni di astensione per malattia dei figli; 

– misure premiali per il datore di lavoro in caso di lavoro flessibile,  lavoro agile, telelavoro;

– agevolazioni fiscali per le giovani  coppie per la locazione dell’abitazione principale;

– detrazioni fiscali  per spese sostenute per acquistare libri universitari per figli a carico.

L’attuazione della riforma del Family act condurrebbe porterebbe ad un positivo aumento  della componente di spesa per beni e servizi che è quella ove sussiste la maggiore criticità rispetto alla media europea. Ai fini della attuazione  tuttavia i tempi non si rivelano del tutto immediati posto che  la recente legge 24 febbraio 2023 n ° 13 (di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 dicembre 2022, n. 198, recante disposizioni urgenti in materia di termini legislativi. Proroga di termini per l’esercizio di deleghe legislative”, il c.d. Decreto Milleproroghe) ha prorogato a 24 mesi (in sostituzione dei dodici previsti originariamente dalla legge delega), i termini per l’attuazione delle Deleghe al Governo per il sostegno e la valorizzazione della famiglia.

Con il PNRR si prevedono circa euro 4.6 miliardi  per  investire su 228.000 posti aggiuntivi per servizi all’infanzia ed euro  900.000 milioni di spese per il funzionamento. Tra le Missioni più significative, nella dimensione familiare, merita evidenziare le seguenti: 

la Missione 4 del PNRR che mira a rafforzare le condizioni per lo sviluppo di un’economia ad alta intensità di conoscenza, di competitività̀ e di resilienza, partendo dal riconoscimento delle criticità̀ del sistema di istruzione, formazione e ricerca. Con la missione 4 l’obiettivo è investire sui servizi di istruzione e formazione; 

la Missione 5 del PNRR punta a potenziare il lavoro femminile sostegno e contrastare le discriminazioni di genere, per la crescita delle prospettive occupazionali dei giovani, di riequilibrio territoriale e sviluppo del Mezzogiorno e delle aree interne. Attraverso il riconoscimento del valore sociale dell’attività di cura, si vuole raggiungere il duplice obiettivo di alleggerire i carichi di cura tradizionalmente gestiti nella sfera familiare dalle donne e di stimolare una loro maggiore partecipazione al mercato del lavoro.

III

Le trasformazioni della famiglia

Il quadro delle politiche sociali della famiglia non può prescindere da una visione di insieme di ciò che è stata l’evoluzione  dell’istituto familiare sul piano storico e giuridico.   

In una prospettiva storica la famiglia è il luogo naturale ove si realizza la nostra esistenza. E’ il primissimo nucleo di associazione e di mediazione che viene prima della comunità intesa come polis.  

La stessa etimologia del termine che si riconduce a “faama”= casa da cui ne è derivato famila stando a significare tutti coloro che vivono insieme nella stessa casa. 

L’essere umano sin da subito si vive insieme ad altri esseri umani spinto dal bisogno e dalla necessità ed è nella famiglia che si rapporta  rispetto agli eventi più importanti dell’esistenza.

Pur con questo tratto comune segnato dall’appartenere ad una (famila) “casa”, la famiglia come istituto si è strutturata e modificata in modo diverso a seconda delle epoche storiche.  

Le politiche sociali familiari devono guardare alla famiglia anche come prodotto culturale in continua evoluzione.Sono cambiate le funzioni, la composizione, è variato durante le varie epoche storiche il ruolo dei genitori. La stessa famiglia intesa come unione libera di due persone  di volere condividere dei sentimenti e un cammino di vita comune è recente. In età antica che attraversa l’epoca greca e romana l’unione tra due persone era costruita non da una relazione libera amorosa ma da accordi connotati dal patriarcato e da una forte disuguaglianza.  Il contenuto della relazione era di interesse tra gruppi familiari e a monte prevalevano motivi patrimoniali ed economici. La famiglia era depositaria dell’identità e del patrimonio familiare perchè assicurava sicurezza sociale, possesso di beni, ricchezza e la loro trasmissione in termini di eredità. L’etimologia di “pater” è significativa del senso di signoria, protezione, custodia.

A fine ‘700, a seguito del pensiero illuminista e della rivoluzione industriale è avvenuto qualcosa di particolare: si è sviluppata l’idea che alla base della famiglia e del matrimonio vi debba essere anche la componente soggettiva del sentimento o della passione elemento ulteriore per la costruzione di un legame volto pure alla procreazione e connotato da un vincolo giuridicamente rilevante.  

La componente “affettiva” o “sentimentale” diviene condizione singolare e costitutivo dell’atto di matrimonio e della relazione familiare. Si è trattato di un modello di famiglia innovativo alla cui base ha contribuito in modo importante il pensiero cristiano tracciando l’intero pensiero europeo e la cultura occidentale. 

Sebbene il libero sentimento dell’individuo di per sé non appaia del tutto compatibile con qualsiasi ipotesi di vincolo normativo, ciò nonostante questo modello ha fatto un lungo percorso fino ad istituzionalizzarsi ed essere sottoposto a controllo e disciplina da parte della legge. Un istituto familiare  disegnato come comunità ristretta connotato da una relazione palesemente disuguale di interessi sociali e patrimoniali. Da un lato all’uomo veniva riconosciuta la superiorità morale e intellettuale  sulla donna e attribuito il compito di guidare la famiglia, dall’altro alla donna  il compito  di curare la casa e i figli.  

Le politiche sociali di quel tempo erano calibrate in funzione della divisione di ruoli del tutto aderente al modello industriale delineato. Il modello di famiglia nucleare  si è sviluppato di pari passo con il processo di industrializzazione mentre ove era prevalente una economia più terriera come nel meridione d’Italia erano rimaste prevalenti le famiglie composte anche da ascendenti collaterali e domestici. 

Il Codice Pisanelli del 1865 che richiama il codice napoleonico e poi i codici del ventennio fascista  del 1930 e quello civile del 1942 Codice Rocco traducono in diritto l’istituzione della struttura gerarchica della famiglia,  della  patria potestas e dell’autorizzazione maritale.

La Costituzione del 1948 traccia un quadro della famiglia che è quella fondata sul matrimonio. 

“La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio” (art 29 Cost.).  Trattasi di principio nato da tradizioni che consideravano peccaminosa la convivenza tra uomo e donna e da politiche che in quel tempo seguivano le visioni cattoliche (in una visione condivisa da democristiani e comunisti, sia La Pira, Moro, Nilde Iotti che Togliatti). Nell’animo della maggioranza dei Costituenti è prevalso l’interesse superiore della famiglia agganciato alla concezione cattolica del matrimonio, seppur ordinato ad una nuova visione rispetto alla logica del passato, cioè della “uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare”.

IV

Rilievi sociali 

Oggi il modello di famiglia fondato sul matrimonio è socialmente superato per via anche delle varie riforme che si sono susseguite in Italia pur lentamente e con tutti i ritardi (il divorzio del  1970 e del 2015, la riforma del diritto di famiglia del 1975, la legge sull’affidamento condiviso del 2006, la cancellazione sulla discriminazione tra figli legittimi e naturali del 2013, la regolamentazione delle unioni civili del 2016). E’ caduto il modello industriale fondato sulla rigorosa divisione dei ruoli. Si è trasformata  la sequenza di formazione della famiglia. 

L’interpretazione costituzionalmente orientata ai mutamenti sociali ha aperto ad altre forme di unione o convivenza (ove è assente il matrimonio) le quali sono inquadrabili nell’ambito delle formazioni sociali ove si svolge la personalità dell’individuo, riconosciute e debitamente tutelate dal fondamentale articolo 2 e 3 della Costituzione.

Al modello di famiglia fondato sul matrimonio si accompagna quello fondato su altre tipologie di convivenze, non solo sulla generazione biologica. 

I progressi scientifici hanno aperto alla possibilità di separare l’atto della procreazione dall’atto sessuale. Emergono nuovi problemi, si pone il problema se sussista un diritto di procreare  con l’utero in affitto e/o  (se) fino a che punto esista un diritto di farlo  con metodi diversi da quelli naturali e con quale estensione. Se il desiderio di avere figli e una famiglia tramite l’uso di tecnologie meriti di essere soddisfatto sempre e comunque sia come se i figli siano oggetto di produzione più che di generazione, o se sia invece giustificabile la previsione di una regolamentazione.  

Evidente che si tratta di fenomeni che hanno indebolito il matrimonio (i cui dati sono in costante calo) che è destinato ad essere precario. Oggi i figli possono avere più famiglie. Si vivono esperienze di famiglie ricomposte. Di persona sola con figli, di unione civile o di convivenza,  di famiglia affidataria. I dati Istat dicono che aumentano le famiglie non coniugali, di persone sole, o famiglie monoparentali conseguenza di separazione o divorzio. Moltissimi sono gli anziani soli. 

Vi è stata una svolta epocale. Un cambio di paradigma radicale, una trasformazione dei rapporti sociali e umani. 

Le politiche sociali hanno dovuto ricalibrarsi rispetto ai mutamenti. L’immissione nel mercato del lavoro è resa difficile e lenta. L’incertezza per il futuro porta a non avere figli, c’è bisogno di sicurezza e stabilità e molte donne sono indotte a spostare in avanti l’età della maternità con tutto ciò che comporta in termini di problemi nella capacità di procreare.

La maternità è divenuta difficile per ragioni sia pratiche legate al lavoro, sia anche  perché sono emersi altri fattori  collegati alla complessità della società. Si tende a far prevalere la componente soggettiva del piacere di ciascun individuo che aspira ad una incondizionata libertà. Primeggiano le relazioni da vivere prevalentemente al presente, in una dimensione per cui non si ha voglia  di creare legami stabili, impegnarsi sul futuro di se stessi e di altre persone.  Quindi i legami, come scrive Bauman, sono stati sostituiti da connessioni, mentre i legami richiedono impegno, “connettere” e “disconnettere” è più semplice. Si è timorosi di restare impantanati in relazioni che possano comportare oneri e tensioni, responsabilità. Di conseguenza diviene difficile fare scelte di genitorialità e di legami familiari a medio lungo termine. 

Si aggiungono inoltre ulteriori due fenomeni a rendere il quadro delle politiche sociali familiari ancora più articolato e complesso:

il primo è quello  della disuguaglianza presente nelle famiglie, soprattutto quando vi sono minori. La povertà parte dall’infanzia e accompagna il minore nella crescita. Trattasi di una disuguaglianza complessa perché composta da tante componenti: dal reddito, dalla istruzione, da elementi sociali, territoriali, di cittadinanza. 

L’Italia è uno dei paesi occidentali ove la disuguaglianza è più forte in termini di istruzione e competenze cognitive.  L’Italia ha un tasso di povertà minorile alto.

Il 9,4%, ovvero circa 5,6 milioni è la percentuale di famiglie che si trovano in povertà assoluta nel mezzogiorno, ( nel nord  è il 7,6%, 5,4% al centro). Il 13,5% (ovvero 1,3 milioni i bambini in povertà assoluta). Il 29,3% è la percentuale di povertà assoluta tra stranieri residenti (dati eurostat).

Il rischio di povertà è maggior nelle famiglie numerose ( incidenza 9% con 1 figlio e 22,7% da tre in su), nelle famiglie con un solo genitore, nelle grandi città, nelle famiglie monoreddito, nelle famiglie di stranieri. 

Il sistema formativo, l’accesso ai  beni pubblici  per l’infanzia  e l’adolescenza  non sono sufficienti a contrastare la disuguaglianza.

Il secondo fenomeno è quello demografico e della decrescita della natalità. 

Nella classifica europea l’Italia è tra le ultime. Si fanno meno figli e sempre più tardi nell’età.  Al 2022 il tasso di natalità e pari   a 6,7 nuovi nati ogni 1000 residenti,  a fronte della media europea che è di 9.5 nati ogni mille residenti. In Sardegna il tasso di natalità è ancora più basso: al 2022 è di  4,9 nati ogni mille abitanti ( dati Istat).

In linea generale al calo ha certamente contribuito l’evento pandemico ma anche la difficoltà economica, la meno solida posizione nel mercato del lavoro, le maggiori difficoltà a conciliare lavoro e cura dei figli.

La natalità in Italia ha ormai un andamento decrescente: all’inizio del ‘900 nascevano più di un milione di bambini l’anno. Al 2021 sono nati 420 mila bambini, segnando un -160mila rispetto al 2008 e meno della metà rispetto a quelli che nascevano negli anni ‘60. Nel 2022 i nati stati 393.000. Ancora meno.

V

Rilievi giuridici 

La materia delle politiche sociali familiari è stata demandata alla legislazione ordinaria che prevede la suddivisione di competenze tra Stato, Regioni e Comuni e a monte si innesta la regolamentazione dell’Unione Europea.

L’assetto che l’Unione Europea ha dato dell’istituto della famiglia è tendenzialmente incentrato sulla categoria di individui da tutelare e annoverare nella privacy personale. 

I principi enucleati  nella Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea, art. 33  (“è garantita la protezione della famiglia sul piano giuridico, economico e sociale. Al fine di poter conciliare vita familiare e vita professionale, ogni persona ha il diritto di essere tutelata contro il licenziamento per un motivo legato alla maternità e il diritto a un congedo di maternità retribuito e a un congedo parentale dopo la nascita o l’adozione di un figlio, art. 7: “ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e delle proprie comunicazioni”; art. 9 “Il diritto di sposarsi e il diritto di costituire una famiglia sono garantiti secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio”),  sono espressione di una visione liberale.

La famiglia nel suo ruolo organico e sociale da svolgere è posta a margine, mentre centrale è la categoria dell’individuo su cui si focalizza la tutela. Come individuo con il riconoscimento di diritti o trasferimenti monetari, conseguenti a certi eventi (maternità, diritto di sposarsi), come lavoratrice in maternità laddove sia licenziata ingiustamente o laddove si debbano contemperare le esigenze del lavoro e della vita privata familiare. (esigenze di conciliare lavoro e privato). 

Secondo l’impianto normativo che discende dai principi della UE la prevalente categoria da tutelare non è tanto la famiglia come istituzione sociale, quanto l’individuo con le sue decisioni personali come nel caso del diritto di sposarsi o di fare famiglia e da qui la necessità che l’ordinamento intervenga a presidio di queste decisioni inerenti la sua vita privata e personale.

L’impianto giuridico è la famiglia come un insieme di individui da considerare liberi e da tutelare.   L’ordine sociale si declina in modo preponderante nel rapporto Stato-individuo ove ciò che prevale è l’individualità della cittadinanza. Il corpo intermedio della famiglia come entità a sè stante indietreggia anche rispetto a quelle che sono le formazioni sociali del privato sociale. Le politiche familiari, per l’effetto,  assumono una connotazione di tipo soggettivo e difatti sono volte a inseguire singoli e articolati bisogni di settore, con trasferimento di denaro. Azioni centrate più su categorie specifiche (anziani, minori, donne) con il fine di alleggerire gli oneri e i carichi familiari.

Merita inoltre soggiungere che in tema di politiche familiari e sociali l’Italia sconta la presenza di particolari criticità intrinseche legate per esempio al ruolo delle regioni e al loro assetto istituzionale  nel rapporto con lo Stato centrale. 

L’assegnazione della competenza esclusiva dell’assistenza sociale alle regioni se da un lato ha agevolato la maggiore autonomia degli enti locali, dall’altro  ha fatto registrare un incremento di disomogeneità tra territori. Si è registrato -ad esempio- un incremento del divario tra i comuni appartenenti alle regioni del nord e del sud. Anche in questi ultimi anni la spesa media pro capite è nell’intervallo tra 108 euro e 173 euro nei comuni appartenenti alle regioni del nord , mentre nelle regioni del sud la media è compresa nel range tra 22 euro e 73 euro. 

Le regioni del sud spendono meno in interventi sociali  e familiari sebbene registrino  una maggior incidenza di povertà.La spesa sociale è due o tre volte inferiore rispetto alle regioni dove l’incidenza della povertà è più bassa. Emergono grandi differenze territoriali, basti pensare che sulla  spesa sociale si registra per esempio la cifra di 583 euro per abitante a Bolzano e 6 euro a Vibo valentia. ( Dati CNEL al 2022). Quasi il 30% dei Comuni nel Sud Italia non offre un servizio sufficiente di assistenza domiciliare agli anziani in condizioni di fragilità (dati Istat).

Su questo punto i Comuni della Sardegna presentano dati performanti e anche Sassari si colloca tra le migliori posizioni  quanto a virtuosità nella spesa sociale pro capite ( 254 euro per abitante).

Sul fronte dei problemi sociali e della famiglia non è superfluo continuare a segnalare l’importanza di strumenti correttivi più incisivi per attenuare il divario tra i territori. Il tema coinvolge nello specifico il percorso di attuazione dell’art. 116 della Costituzione 3 comma, secondo cui anche le regioni a statuto ordinario possono ottenere maggiore autonomia in relazione ad alcune materie. Gli effetti pratici di questa disposizione possono influire sulla perequazione tra i territori e poi in concreto ripercuotersi sulle risorse e sulle politiche familiari, perché assegnare maggiore autonomia ad alcune regioni significa anche introdurre meccanismi finanziari e di trasferimento potenzialmente idonei a pregiudicare l’equilibrio delle altre regioni non coinvolte nel trasferimento delle funzioni. Se l’attuazione non è gestita con saggezza e giustizia si rischia di acuire il divario di risorse tra nord e sud. Pertanto ogni attuazione di autonomia differenziata non può prescindere dal rispetto del principio di solidarietà con le regioni più povere. Degno di nota tuttavia è il principio contenuto nell’attuale disegno di legge sulla attuazione della autonomia differenziata per cui i diritti sociali e civili devono comunque essere garantiti su tutto il territorio nazionale e l’attribuzione di ulteriori funzioni a singole regioni non può passare se prima non si definiscono i livelli essenziali delle prestazioni (c.d. LEP) sull’intero territorio nazionale.

VI

Le prospettive 

C’è da chiedersi se si possa guardare la famiglia in un’altra prospettiva. Una prospettiva che ove si presti più attenzione alla famiglia come appartenenza, di genitori, figli, nonni, comunque tra tutti gli altri componenti,  uniti da un legame generazionale,  di solidarietà, fiducia, condivisione,  reciprocità ,  che  faccia sentire tutti parte di una relazione.

La famiglia è condizione per lo sviluppo della persona e non si può prescindere dal bisogno intrinseco di appartenenza occorre pertanto andare oltre gli interventi di lotta alla povertà, oltre  i singoli interventi pur essenziali e imprescindibili.

Non siamo solo individui. 

Compito della politica è dare più risalto alla condivisione del legame di coppia e alla sua reciprocità. L’esistenza umana vive nella relazione, nella interdipendenza, nella solidarietà, nella fiducia reciproca, da qui l’importanza di assurgere la relazione come valore e bene comune, in una visione di insieme.

Le politiche familiari dovrebbero fornire più servizi, servizi alla famiglia, di supporto e di aiuto a domicilio, servizi che conducano a premialità in caso di solidarietà familiare e per una maggiore autonomia e responsabilità della esperienza familiare. A questo proposito le formazioni del privato sociale, (le associazioni familiari per esempio) possono svolgere un maggiore ruolo pubblico e sociale di mediazione, non solo di sostituzione ma di supporto e accompagnamento affinchè la famiglia possa assolvere ai propri compiti.

Maggio 2023, 

Gianfranco Meazza

da Convegno su Fragilità della Famiglia- profili Sociali e ruolo delle istituzioni del 12 maggio 2023, organizzato dal Movimento Forense- Sassari