Calo demografico e spopolamento

Analisi e prospettive

Quando si parla di calo demografico e di spopolamento, è importante volgere lo sguardo a ciò che sta accadendo, a cosa possa fare la politica.

Il problema dello spopolamento non è solo della Sardegna e dell’ Italia. Ormai si emigra anche dall’ Italia, da regioni ricche come la Lombardia.

All’inizio del ‘900 nascevano più di un milione di bambini l’anno. Nel 1950, le donne avevano  in media 4,7 figli nel corso della loro vita. 

Oggi siamo a 1,25 nascite per donna. In Italia il tasso di natalità è pari a 6,8 nati per mille abitanti. L’Italia resta tra i Paesi europei che fanno meno figli. La media europea si attesta a 1,53.

Allo stesso tempo l’Italia registra il tasso di dipendenza degli anziani più alto in Europa.

Nel 2021 sono nati 420 mila bambini, segnando un -160 mila rispetto al 2008 e meno della metà rispetto a quelli che nascevano negli anni ‘60.

Nel 2022 i nati sono stati 393 mila. Ancora meno. Al calo delle nascite si aggiunge un livello alto dei decessi (al 2022 sono 713 mila). Al 2022 neanche 7 neonati ogni 1000 abitanti e 12 decessi ogni 1000 abitanti.

In Sardegna il tasso di natalità è ancora più basso: al 2022 è di 4,9 nati ogni mille abitanti (dati Istat).

Anche Sassari rientra nel trend con 5,4 nuovi nati ogni mille abitanti.  I nuovi nati non compensano il numero dei decessi (ultimi dati al 2022: 1606 deceduti a fronte di 651 nuovi nati).  

In Sardegna il numero medio di figli per donna è di 0,99, a fronte della media nazionale che è di 1,25 e, soprattutto, si consideri che il valore ideale per un adeguato ricambio generazionale sarebbe di 2,1 figli per donna.

Sempre in Sardegna, secondo i dati ISTAT, circa il 30% dei comuni si colloca sotto la media dei mille abitanti e gran parte della popolazione vive in appena 30 comuni dei 377 totali.

Lo spopolamento è causa di enormi problemi sul piano sociale e culturale, ne determina lo smarrimento dell’identità e della memoria di appartenenza. La Comunità tende a disgregarsi. Sul piano economico ne determina la perdita della crescita e dell’economica locale. Un luogo spopolato non viene neanche più curato e mantenuto e viene abbandonato a sé stesso.

Le cause dello spopolamento e del calo demografico stanno a monte di un modello economico, sociale e giuridico che deve essere rivisto e ridisegnato.

In assenza di giusti correttivi sarà arduo intervenire in modo strutturale e risolutivo.

Sul piano pratico il Governo nazionale – ma anche il governo regionale della Sardegna – sta mettendo in campo azioni e risorse che meritano di essere evidenziate. Considerato lo scenario ove si muove e i limiti che ne scaturiscono, l’operato deve reputarsi positivo.

Per esempio degno di nota è che il Governo nazionale abbia fatto della natalità e della famiglia una priorità assoluta della azione di contrasto al calo demografico.

L’avere dedicato alla natalità la titolazione di un Ministero è significativo dell’attenzione che si sta prestando al tema.

Il Governo Meloni è intervenuto subito per correggere l’assegno unico e ha potenziato gli importi base. Nel 2023 l’importo medio per famiglia è passato da 233 a 262 euro.

Positivo l’intervento sul congedo parentale con l’aumento per un mese dell’indennità all’80% (invece che al 30%) che spetta anche quando la mamma non è lavoratrice o non è dipendente, se il papà, lavoratore dipendente, fruisce di un giorno almeno di congedo di paternità, obbligatorio o alternativo.

Altro significativo intervento è quello di detrarre le spese sostenute dai genitori per consulenza psicologica e di psicoterapia individuale o di coppia effettuate nei successivi 24 mesi dalla data del parto.

Utili sono le proposte presentate del reddito di infanzia per i primi sei anni da 400 euro e dell’ assegno di gioventù, per i figli  fino a 25 anni, da 250 euro. Si tratta di misure che svolgono una funzione importante per combattere il trend negativo del calo demografico e scoraggiare l’interruzione volontaria di gravidanza.

Sono peraltro misure che spetterebbero a tutte le famiglie con un reddito non superiore a 90 mila euro, dunque una platea di beneficiari ben più ampia rispetto a quella dell’assegno unico, supporto economicamente migliore rispetto all’assegno unico che oggi, grazie alle maggiorazioni, può arrivare a superare i 250 euro al mese per figlio.

Inoltre vi sono una serie di interventi del governo volti a fornire:

agevolazioni fiscali per le spese sostenute per i servizi domestici o di assistenza ai familiari con deficit di autonomia assunti con contratto  di lavoro subordinato;

sostegno ai percorsi educativi dei figli, alla sicurezza lavorativa, anche attraverso le misure di sostegno alla lavoro femminile. L’obiettivo è favorire la natalità e attuare politiche di sostegno alle famiglie per venire incontro alla organizzazione familiare alle difficoltà a conciliare lavoro e famiglia. 

Si registra anche una maggiore attenzione sugli asili e strutture per l’infanzia.

I nidi di infanzia sono utili perché consentono la cura dei bambini, come luogo di socializzazione e di  educazione. Le strutture per l’infanzia sono strumento di pari opportunità tra le donne, liberano le madri che altrimenti non riuscirebbero a conciliare il lavoro con la cura dei figli; il 30% delle madri non cerca lavoro perché non può farlo in assenza di strumenti di supporto. E’ previsto un adeguamento dei posti disponibili nelle strutture comunali, il prolungamento degli orari di servizio, l’apertura anche nei mesi estivi, a supporto di tutti i genitori che lavorano e la promozione di asili nido familiari.

Sul punto preme segnalare come il Comune di Sassari sia virtuoso, ha fatto di recente altri importanti investimenti a favore delle strutture per l’infanzia, interviene a favore delle famiglie  e mette a disposizione 8 asili nido comunali per un totale di 410 posti. A queste 8 strutture, si aggiungono  le strutture convenzionate che sono 19 e occupano 179 posti per bambini. L’indice di copertura dei posti nei nidi del Comune di Sassari raggiunge il 38%, dato che colloca il Comune al di sopra della media nazionale ( del 27%)  ed europea (del 33%)  rispetto alle domande di accesso ai servizi.

Sono tutte misure che offrono segnali costruttivi.

Sotto questo profilo occorre sfruttare al meglio il PNRR in favore dello sviluppo locale e delle singole realtà territoriali per meglio affrontare il tema dello spopolamento e della scarsa urbanizzazione delle diverse aree interne tra cui la Sardegna.

Serve rilanciare e valorizzare le aree interne attraverso investimenti  in grado di generare crescita e ricchezza del territorio. Con la realizzazione di reti, infrastrutture e servizi. Lo spopolamento può essere contrastato solo se si sviluppano servizi.

Per la Sardegna occorre realizzare reti viarie, di trasporto, connettività e digitalizzazione, attività economiche, turismo e cultura, soprattutto nelle aree a rischio spopolamento.

Di grande importanza per la Sardegna, per aiutare le zone interne è la scelta di realizzare il progetto  dell’Einstein Telescope nell’ex miniera di Sos Enattos che permetterà pure  la realizzazione delle necessarie infrastrutture interne e tutta la rete viaria. Si tratta di una azione che consentirà lo sviluppo dell’intero territorio.

Come anche apprezzabili sono i diversi interventi in atto (per un ammontare complessivo di circa 105 milioni di euro) con i fondi PNRR e altre risorse regionali sulle aree più critiche in termini di spopolamento.

Si tratta di interventi che coinvolgono lo sviluppo locale, l’istruzione, la salute e la mobilità.

Pure importanti contro lo spopolamento e il calo demografico (circa 245 milioni di euro) sono le misure volte ad incentivare i residenti a non abbandonare il territorio e rilanciare economia e consumi attraverso un approccio che coniughi interventi di tipo infrastrutturale con interventi a sostegno dei servizi sociali e alla persona, nonché azioni ad hoc finalizzate ad incrementare le opportunità lavorative, anche attraverso la creazione di nuova impresa.

Sono in atto azioni per:

  • agevolazioni nei mutui prima casa a favore dei nuclei familiari residenti o che trasferiscono la propria residenza in uno dei 275 Comuni sardi (su 377 totali) con popolazione sotto i 3 mila abitanti;
  •  agevolazioni per le attività produttive, con la concessione di un contributo da 15mila euro per l’apertura di nuove attività nei centri a rischio spopolamento e con una popolazione inferiore ai 3.000 abitanti, e 20 mila qualora si incrementi l’occupazione;
  • erogazione del bonus nascita per 5 anni (La misura consentirà alle famiglie, anche composte da un solo genitore, di ricevere un assegno mensile di 600 euro per il primo figlio nato, adottato o in affido pre-adozione nel 2022, e di 400 euro per ogni figlio successivo fino al compimento del quinto anno d’età).

Dall’insieme può dirsi che l’operato sia significativo di azioni e buoni propositi.

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Fermo e riconosciuto quanto sopra, serve però riflettere sul modello di società che vogliamo e soprattutto sulle politiche economiche , di sviluppo del territorio e sulle politiche familiari.

Il calo demografico è l’effetto della contrazione della forza lavoro, del declino delle retribuzioni, della stagnazione economica, dell’invecchiamento crescente della popolazione.

L’immissione nel mercato del lavoro è resa difficile e lenta.

L’incertezza per il futuro porta a non avere figli.

C’è bisogno di sicurezza e stabilità e molte donne sono indotte a spostare in avanti l’età della maternità con tutto ciò che comporta in termini di problemi nella capacità di procreare.

La maternità è divenuta difficile per ragioni sia pratiche legate al lavoro, sia per altri fattori collegati alla complessità della società.

Si tende a far prevalere la componente soggettiva del piacere di ciascun individuo che aspira ad una incondizionata libertà.

Primeggiano le relazioni da vivere prevalentemente al presente, in una dimensione per cui non si ha voglia di creare legami stabili, impegnarsi sul futuro di se stessi e di altre persone. 

Si aggiunge poi il fenomeno della disuguaglianza presente nelle famiglie. Disuguaglianza articolata perché composta da tanti elementi: dal reddito, dalla istruzione, da fattori sociali, territoriali, di cittadinanza. 

Vi è stata una trasformazione dei rapporti sociali e umani.

A questa trasformazione si accompagna un modello sociale di economia fatto di mercato, che vi ingloba tutto, compresi i settori più propriamente pubblici, della tutela dell’ordine, della sicurezza personale, della sanità, dell’istruzione,  dell’ ambiente, delle infrastrutture. Niente sfugge a questo avvolgimento. Tutto ruota intorno al prodotto interno lordo, indebitamento e debito. (art. 126 TFUE, ex art. 104 TCE).

Il modello di società si basa sul seguente principio: se le cose vanno bene significa che i ricavi superano i costi, quindi vi è remunerazione e si può andare avanti. Se invece i costi prevalgono sui ricavi e non sussistono margini di remunerazione saltano i parametri prefissati e non si può procedere. La Norma Tecnica è SOVRANA.

L’apparato di sistema è gestito da una macchina rigida e, a monte, manca l’autorità di  governo politico. Manca uno Stato con poteri di discrezionalità in grado di orientare e finanziare la crescita e di assumersi la responsabilità politica nei confronti della collettività. Non esiste un vertice, un potere di ultima istanza.

In sostituzione di quello che storicamente era lo Stato nazione sono stati creati organismi frammentati, istituzioni e complesse norme tecniche che, nel supplire alla assenza dello Stato e della politica, viaggiano in tendenziale autonomia senza il controllo e la sovrintendenza degli stessi organismi così istituiti.

Fare una politica di contrasto allo spopolamento e al calo demografico in questo scenario è impresa titanica (!)

Occorre ricostruire una nuova architettura istituzionale dell’Europa per eliminare assurdi vincoli giuridici. Guardare soprattutto ad un Unione Europea ove sia la  politica a guidare e governare le regole dell’economia e della finanza

Una Comunità ha bisogno di essere guidata per garantire libertà e solidarietà. 

Questo modello si ripercuote sulle politiche familiari.

L’impianto europeo tende ad incentrarsi più che sulla famiglia sulla categoria degli individui e sull’ allontanamento della famiglia dalla natura e dal processo biologico.

I principi enucleati nella Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea richiamano una visione individualistica, di una individualizzazione di massa della società.

 (art. 33  “è garantita la protezione della famiglia sul piano giuridico, economico e sociale. Al fine di poter conciliare vita familiare e vita professionale, ogni persona ha il diritto di essere tutelata contro il licenziamento per un motivo legato alla maternità e il diritto a un congedo di maternità retribuito e a un congedo parentale dopo la nascita o l’adozione di un figlio, art. 7: “ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e delle proprie comunicazioni”; art. 9 “Il diritto di sposarsi e il diritto di costituire una famiglia sono garantiti secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio”).

I principi così come delineati supportano una visione del mondo ove la vita privata dell’individuo è fulcro centrale. L’individuo diviene autoreferenziale. Si rifugge da ogni forma di radicamento e stabilità.

Ogni scelta privata va tutelata come se non ci fosse confine, ove anche il diritto a procreare è autoreferenziale. Procreare con metodi diversi da quelli naturali. Un modello che apre le porte, a forme estese di diritti. Da qui ne scaturisce la cancellazione della maternità, la possibilità di separare l’atto della procreazione dall’atto sessuale. Il sesso si può vivere come qualcosa di irrelato e fine a sé stesso sganciato dalla relazione di coppia e viene inquadrato come un diritto da tutelare sempre, solo perché privato.

La famiglia, nel suo ruolo organico e sociale è posta a margine e indietreggia anche rispetto a quelle che sono le formazioni del privato sociale.

Per contrastare il calo demografico e lo spopolamento serve un cambio di prospettiva.

Diviene fondamentale partire dalla famiglia.

Purtroppo le politiche sociali negli ultimi 30 anni non sono state di aiuto sufficiente alle famiglie.

Le risorse inoltre sono state concentrate per sostenere in prevalenza le pensioni.

Minori sono state le risorse a tutela dei problemi delle famiglie con figli, delle cure familiari, dei problemi legati alle politiche abitative. E’ anche intorno alla casa che la famiglia si sviluppa.

Potenziare le politiche abitative aiuta la famiglia a darle futuro e stabilità. 

La famiglia nucleo genetico di ogni comunità. La famiglia con la sua casa, come luogo naturale ove si realizza la nostra esistenza.  Primissimo nucleo di associazione e di mediazione che viene prima della comunità intesa come polis.

I figli devono essere un investimento per la società.

Se non ci sono le persone che producono nessuna comunità può sopravvivere.

A maggior ragione serve investire sui figli.

Nel modello della economia di mercato senza Stato le politiche familiari assumono una connotazione di tipo soggettivo e difatti sono volte a inseguire singoli e articolati bisogni di settore, con trasferimento di denaro. Azioni centrate più su categorie specifiche (anziani, minori, donne).

In questo contesto le famiglie perdono il ruolo di guida, in quanto rese fragili da una visione individualistica che indebolisce le reti relazionali sociali.

Serve un cambio di prospettiva, in cui si presti più attenzione alla famiglia come comunità, alla maternità, ai genitori, figli, nonni, comunque a tutti gli altri componenti,  uniti da un legame generazionale,  di solidarietà, fiducia, condivisione,  reciprocità ,  che  faccia sentire tutti parte di una relazione.

Compito della politica è dare più risalto ai valori, alla condivisione del legame di coppia e alla sua reciprocità. L’esistenza umana vive nella relazione, nella interdipendenza, nella solidarietà, nella fiducia reciproca, da qui l’importanza di assurgere la relazione come bene comune, in una visione di insieme.

Le politiche familiari dovrebbero fornire più servizi, servizi alla famiglia, servizi di supporto e di aiuto a domicilio, che conducano a premialità in caso di solidarietà familiare e per una maggiore autonomia e responsabilità della esperienza familiare.

Le politiche di contrasto al calo demografico vanno innestate dentro la tradizione, dentro l’importanza del radicamento e dell’appartenenza, della casa come luogo di esistenza della famiglia, dentro la ricostruzione delle reti sociali reali, dei luoghi di partecipazione e del confronto che diano senso all’origine comune.

Sassari, giugno 2023

Gianfranco Meazza