Manifesto culturale per l’Europa

il 29 aprile 2024 è stata istituita a Sassari l’Associazione “IDENTITA’  e COSTITUZIONE”, per una Europa diversa.

L’Associazione è autonoma, indipendente e senza scopo di lucro, intende operare nel campo della promozione culturale e sociale e tutela dei cittadini.

Opera in ambito nazionale ed europeo e intende ripartire dai principi della Costituzione del 1948, oggi messi in discussione, in un percorso non ancora concluso di unità nazionale e istituzionale dell’Italia dentro una nuova Europa con il fine di sensibilizzare l’opinione pubblica per costruire una società più giusta e una Europa diversa , quella dei popoli.

Si allega il Manifesto culturale cui l’Associazione si ispira ove si richiamano i principi fondanti.

Compongono l’Associazione tra i Soci fondatori diverse personalità provenienti dal mondo produttivo e del lavoro, accademico e professionale.

Sono stati eletti membri del Consiglio Direttivo Gianfranco Meazza, (Presidente) Roberto Seri ( Vice Presidente), Salvatore Piana e Alberto Pinna.

https://www.gianfrancomeazza.it/wp-content/uploads/2024/06/Manifesto-Identita-e-Costituzione.pdf

IDENTITA’ e COSTITUZIONE 

Per una nuova Europa 

L’associazione vuole promuovere il cambiamento sociale. In Italia e in Europa.

Siamo italiani e siamo anche europei. Ma oggi l’Europa ha preso un traiettoria sbagliata che la sta conducendo al suo declino sociale ed economico.

Il liberismo e l’Unione Europea

Per come si è sviluppato tutto l’impianto dell’Unione Europea sino al Trattato di Lisbona, il modello sociale ed economico si regge sull’individuo e sulla superiorità del libero mercato.

I Trattati europei prevedono il percorso della libera concorrenza e del regime di mercato. Tutta la complessa e articolata normativa dell’Unione europea si regge sul liberalismo.

Nell’idea liberale l’istituzione pubblica, ossia lo Stato concepito come fonte dei diritti e dei doveri in relazione alla sua attività di controllo del mercato è considerato come entità neutra. Essa interviene blandamente solo per regolamentare come in una contesa sportiva il rapporto tra parti che rappresentano la somma di individui tutti aspiranti ad acquisire e incrementare propri esclusivi interessi.

Il legame sociale si riduce alla coesistenza finalizzata alla negoziazione tra la somma di individui, per gestire, rivendicare, conquistare concertare, rinunciare, transigere, interessi di proprietà.

Nel pensiero liberale il mercato è il campo ove si svolge la contesa.

Il capitalismo non è altro che il più grande paradigma della visione di cui sopra.

L’emancipazione umana e la libertà sono raggiungibili soltanto attraverso l’applicazione delle regole economiche poste a fondamento di libero mercato; regole sganciate da ogni appartenenza territoriale

e di luogo. L’intera società è ridotta ad economia e tutte le vicende umane sono subordinate alla produttività e redditività.

Il capitalismo è diventato un fatto sociale che ingloba l’intera esistenza, un modo di vivere ove le relazioni umane sono in funzione del mercato.

Ciò che connota il capitalismo nelle forme del liberismo è far crescere l’individuo conducendolo a consumare beni materiali oltre il semplice bisogno. La Crescita economica e il consumo, che comportano l’innalzamento del livello di vita e del benessere, a ben vedere rappresentano un’illusione volta al raggiungimento della felicità.

In questo scenario di vita viene disconosciuto il senso della Politica, da sempre intesa quale mezzo per l’affermazione di ideali che rappresentano non una mera illusione, ma l’attuazione di scelte concrete volte ad un effettivo, e non effimero, benessere collettivo.

Ebbene, con l’affermazione del neo-liberismo di matrice capitalistico-finanziaria quale unica ricetta di crescita all’infinito, la Politica ha perduto ogni ragione di essere, avendo da tempo abdicato la sua funzione al “Dio mercato”.

Laddove il regime di mercato è funzionale unicamente alla produzione della merce da vendere, alla speculazione finanziaria e all’arricchimento oltre misura di pochi a discapito dei più, la Politica ha quale fine l’attuazione di principi, quali quelli costituzionali, volti ad una maggior valorizzazione della singola persona e della collettività tutta.

Stando ai dettami dei principi neo-liberisti, tutti devono partecipare al mercato come produttori e consumatori. Il prodotto interno lordo, l’indebitamento, il debito. (art. 126 TFUE, ex art. 104 TCE). Sono questi gli elementi dell’impianto normativo europeo che devono segnare il percorso della produzione, della libera concorrenza e del mercato aperto. Questa è la società e l’Europa in cui viviamo. Questa è la società e l’Europa in cui non vorremmo più vivere.

L’Unione Europea e l’assenza dello Stato.

I Trattati comunitari hanno tradotto in diritto questo scenario sociale, basato sulla teoria neo-liberista del mercato su tutto e tutti con un impianto normativo complicato quanto articolato e farraginoso.

L’impianto normativo dell’ Unione Europea è strutturato in modo rigido e, a monte, manca l’ autorità di governo politico, di uno Stato con poteri di discrezionalità in grado di orientare e finanziare la crescita e di assumersi la responsabilità politica nei confronti della collettività.

Non esiste un vertice, un potere di ultima istanza. In sostituzione di quello che storicamente era lo Stato-nazione sono stati creati organismi frammentati, istituzioni e complesse norme tecniche che, nel supplire alla assenza dello Stato e della politica, viaggiano in tendenziale autonomia senza alcun controllo.

Tali organismi (Consiglio Europeo, Commissione, Parlamento, Direttive, Regolamenti) dotati di poteri e competenze si muovono con autoreferenzialità, vivono di automatismi, di una normativa statica, del tutto sganciata dalle particolari realtà culturali, economiche e sociali tipiche di ogni Paese europeo. L’Europa odierna, per come concepita, è composta da regole soffocanti basate su parametri, indicatori statistici, percentuali, tutti uguali per tutti gli stati membri.

E’ evidente che ciò che va a stridere in modo eclatante con le economie dei singoli stati membri ( e dei suoi territori) che portano con sé andamenti variegati quanto unici.

Una costruzione giuridica quella dell’Unione Europea senza precedenti nella storia istituzionale mondiale.

Non si è mai visto un organismo sovranazionale che possieda una moneta unica senza un fisco comune e soprattutto senza avere a monte una sovranità politica che valorizzi le singole realtà comunitarie.

E’ così che l’Unione vive, come una macchina robotizzata tutta volta unicamente al perseguimento di obiettivi tecnici precostituiti che tendono a far funzionare la “macchina Europa” soltanto in base a stringenti parametri economici astratti da applicare incondizionatamente ad ogni Paese dell’Unione.

Se lo Stato membro non riesce a raggiungere gli obiettivi che prefissati e chiede aiuto (aiuto “salva stati”) perché non ha i conti in ordine, scatta l’automatismo della normativa che impone una serie di azioni e di imposizioni.

All’apparenza l’imposizione veste la forma elegante del suggerimento, poi, se si si va a leggere meglio diviene raccomandazione. Ma ad una migliore messa a fuoco la raccomandazione non è altro che una vera imposizione.

In questa situazione poco può fare il singolo Stato membro.

Cessione di sovranità

Avendo lo Stato membro rinunziato a parte significativa della propria sovranità deve soggiacere alle imposizioni che provengono dall’impianto di sistema governato dal mercato.

Se le cose vanno bene significa che i ricavi superano i costi, quindi vi è remunerazione e si può andare avanti. Se invece i costi prevalgono sui ricavi e non sussistono margini di remunerazione saltano i parametri prefissati e non si può procedere. Siccome il sistema non si può alimentare per mancanza di redditività, deve essere il mercato stesso ad espungere dal processo produttivo quei beni e servizi in perdita. Ogni singolo Stato membro diviene impotente a reagire perché l’intero processo è standardizzato, governato da regole di tecnica economica ove la discrezionalità dei singoli Stati è ridotta al minimo.

L’eventuale soccorso in favore dello stato membro in caso di richiesta di aiuto veste solo in apparenza la forma della “solidarietà”. Di fatto si tratta di prestiti “del mercato” finalizzati non a ridurre l’indebitamento ma ad accrescere il debito. Le sole regole asettiche del mercato non sono in grado di perseguire gli obiettivi dei Trattati per la crescita e il benessere sociale ed economico.

Un sistema del genere – pur con tutti i correttivi -è destinato ad implodere perché manca della linfa vitale del senso di comunità e identità culturale, sociale e economica di ogni singolo popolo.

Come uscire da questo circolo vizioso ove i singoli Stati membri sono precipitati?

Identità e Costituzione europea

Dall’Europa della finanza all’Europa dei popoli

Serve una presa di coscienza e consapevolezza degli enormi errori commessi nel passato.

Un simile impianto così anomalo- non potendo reggere perché esposto alle dipendenze di tanti fattori esterni, è destinato al declino e a frammentarsi con gravi effetti disastrosi sul piano individuale, economico e sociale.

Il pensiero del liberismo si pone in antitesi strutturale con il principio supremo secondo cui la libertà si fonda sul rapporto sociale che è il principio su cui si regge la nostra Costituzione.

Bisogna ripartire da una Assemblea Costituente per la modifica dei Trattati e concependo una Nuova Europa sulla scorta dei seguenti principi che devono essere considerati UNIVERSALI:

la libertà si fonda sul rapporto sociale non sull’individuo e sul suo potere egoistico di percepire profitti ad ogni costo . Al contrario, il liberalismo e la sua attuazione concreta che si manifesta nel capitalismo non può riconoscere la politica e la democrazia come governo della Comunità.

Una Comunità ha bisogno della guida politica e sovrana per garantire i principi universali che sono richiamati già nella nostra Costituzione, della libertà e solidarietà.

Serve fare un passo indietro, con una Assemblea Costituente che guardi con attenzione al Trattato del 25 marzo 1957, per ricostruire una nuova architettura istituzionale dell’Europa e eliminare assurdi vincoli giuridici. Guardare soprattutto ad un Unione Europea federata o confederata, che si deve costruire tramite una Assemblea Costituente Europea dei popoli aderenti, ove sia la politica a guidare e governare le regole dell’economia e della finanza, e non viceversa.

La politica è una attività che concerne l’impegno per la collettività, impegnarsi per un bene comune significa andare oltre la somma dei singoli interessi particolari degli individui e coincide con l’entità dell’interesse generale.

E’intrinseco nel concetto di politica l’appartenenza alla Comunità, ad un bene comune. Riconoscendo la sussistenza dell’entità dell’interesse generale l’individuo si pone al servizio della collettività e crea le condizioni per il legame e la relazione sociale.

Ciò che dovrebbe essere comune si disgrega perché si mette al servizio degli interessi particolari dei singoli che dominano la vita dei consociati.

Dobbiamo ripartire dalla nostra Costituzione e dare priorità ai principi che già i Padri della Costituzione saggiamente avevamo pensato con la Carta Costituzionale del 1948.

L’associazione vuole promuovere l’attuazione della Costituzione in una visione sociale di Europa nuova, perché a oggi è rimasta inattuata; vuole promuovere un modello di convivenza per la tutela della persona e dei “ diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità” (art. 2); per difendere “l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica, sociale (art. 2); ove compito fondamentale in questa convivenza è “rimuovere gli ostacoli, di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i

lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (art. 3); per attuare ogni azione “l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro” (art. 1) e “La Repubblica una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali” (art. 5); promuovere la tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantire cure gratuite agli indigenti; nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge (art. 32); promuovere il principio che i beni essenziali come per esempio l’acqua e l’energia non possono essere privatizzati ma devono appartenere alla Comunità, quindi la proprietà̀ privata non può portare allo smantellamento del sistema pubblico ma deve essere riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti (art . 42); serve incoraggiare e tutelare il risparmio in tutte le sue forme; disciplinare, coordinare e controllare l’esercizio del credito; favorire l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese ( art 47).

Crediamo che la Costituzione porti dentro grandi valori di convivenza.

Come ogni cosa può avere un inizio e una fine, dipende da noi scegliere questa strada o optare per un altro modello di convivenza. Il liberismo lasciato a se stesso senza guida è prova del disastro che può provocare a livello psicologico e sociale.

Tutto dipende da noi “…la Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove: perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile; bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità…” (Piero Calamandrei, 26 gennaio 1955).

Possiamo farcela, facciamo in modo di farla ancora vivere!

Ripartire dalla Costituzione è essenziale anche in un percorso non ancora concluso di unità istituzionale e nazionale e politico dell’Italia dentro la nuova Europa.

Un percorso che trae forza dalla Costituzione e connotato da un confronto tra visioni sociali differenti, di passione storica, di antagonismi, rivalità ideologiche, che hanno segnato la storia post repubblicana e della democrazia pluralista a forte partecipazione popolare.

Come italiani e europei è nostro dovere anteporre a ogni altro modello di vita la Costituzione del 1948 e il Trattato di Roma del 1957, che devono essere il faro e servire a riconciliarci con il passato e cementare il senso di identità nazionale ed europea.

Noi europei figli della grande influenza romana e cristiano cattolica più di altri abbiamo dovuto inventare e praticare regole di convivenza o di condizione, spesso al limite del diritto. Pur nella

conflittualità sociale vantiamo un grande patrimonio culturale. Patrimonio storico-artistico, ambientale-paesaggistico unico al mondo con le polifonie dei nostri paesaggi linguistici. Abbiamo sviluppato l’inclinazione per lo stile delle cose e dei gesti che spiega le nostre eccellenze nel mondo delle arti, del design, della moda.

Come italiani pur con tutte le lacerazioni e divisioni siamo diventati popolo, ma è un popolo ancora frammentato con un deficit importante di identità nazionale e istituzionale. Ed è qui che l’intera classe politica di maggioranza e minoranza deve trovare i punti in comune sulle cose essenziali nell’interesse dell’Italia. Guardare anche all’identità dell’Italia per costruire una Europa diversa. Una società diversa: quella dei popoli e non quella della finanza!

Associazione Identità e Costituzione

Il Presidente

Gianfranco Meazza