Liberalismo e Comunitarismo

Il liberalismo nasce intorno al 1600 e si fonda sulla centralità dell’individuo. Secondo questa teoria, i fatti sociali vengono dopo, prima viene l’io. Si basa su tre pilastri fondamentali: l’indipendenza dell’individuo, l’autonomia personale e la libertà di scelta[1].  L’individuo deve essere libero di stabilire i propri fini: se l’io è anteriore significa che viene prima di ogni appartenenza. È l’individuo che deve scegliere i suoi fini invece di scoprirli, deve essere libero di potersi staccare dalle appartenenze, dal peso delle proprie tradizioni e del passato, e potersi liberare dalle circostanze della nascita.

Questo ideale richiama la rottura con il passato, con l’ordine naturale delle cose, con le gerarchie, con i legami di comunità e con le differenze di casta. L’individuo è irriducibile a ciò che decide di essere: è lui che sceglie i suoi fini invece di scoprirli.[2] L’individuo, sottratto al suo contesto, è considerato simile a chiunque altro. L’ emancipazione non passa per il riconoscimento delle singole identità, ma per un processo di assimilazione a un modello ove tutti gli individui sono simili. L’altro è come me. L’essere umano, in quanto umano, è un mio simile. Su questo versante, il liberalismo conduce a ridurre la differenza e a valorizzare la rassomiglianza. Se l’altro è come me e anche gli altri sono come me, tutti devono essere dotati degli stessi diritti. Da qui la nascita dello stato di diritto dove ogni individuo è intestatario di diritti in un contesto di indifferenziazione.

Nell’ottica liberale, la comunità politica è la somma degli interessi e dei beni di cui si permette (tramite lo Stato) agli individui il godimento o il soddisfacimento. Sono interessi individuali che confluiscono in un contesto collettivo pur rimanendo personali, ove lo Stato è chiamato ad assicurarne il rispetto. Gli interessi possono convergere tra loro ma rimangono distinti.

Il liberalismo ha indubbiamente portato a grandi progressi economici e tecnologici. Tuttavia, questo modello ha anche generato disuguaglianze crescenti e un senso di alienazione tra gli individui. L’enfasi sull’autonomia personale e sulla competizione economica spesso trascura il valore delle relazioni sociali e della solidarietà comunitaria. L’eccesso di individualismo a cui conduce il liberalismo può portare alla frammentazione sociale, dove il legame tra le persone si indebolisce e la coesione sociale ne è minacciata.

Il comunitarismo nasce come reazione alle teorie liberali, anche se sullo sfondo contiene argomenti di origine antichissima. Si pensi ad Aristotele che nella sua “Politica” dice: “[1253a] L’uomo è per natura un animale politico e chi vive fuori dalla comunità civile per sua natura e non per qualche caso o è un abietto o è superiore all’uomo […] ed è tale per natura e nello stesso tempo desideroso di guerra in quanto è isolato come una pedina tra le pedine. Perciò che l’uomo sia un essere più socievole di qualunque ape e di qualunque animale da gregge è chiaro. Perché la natura come diciamo non fa niente senza ragione e l’uomo è l’unico essere ad avere la parola. La voce è espressione di dolore e di piacere perciò la posseggono anche gli altri animali […] invece la parola serve a comunicare ciò che è utile e ciò che è nocivo e quindi anche ciò che è giusto e ciò che è ingiusto; questo infatti è proprio dell’uomo rispetto agli altri animali l’avere egli solo la percezione del bene e del male del giusto e dell’ingiusto e delle altre cose; e l’avere in comune tutto questo costituisce la famiglia e lo stato […]. Chi non è in grado di fare parte di una comunità civile o non ha bisogno di nulla perché basta a se stesso non è parte dello stato. Quindi o è una bestia o è un dio.”[3]

Nel pensiero comunitario l’individuo da solo non può esistere e non può fare a meno del contesto, altrimenti ci può essere solo mera esistenza biologica. È dentro il contesto che l’individuo sviluppa la propria appartenenza e identità. Per sapere chi sono devo sapere dove mi trovo, e la piena definizione dell’identità di un individuo richiede un riferimento alla appartenenza multifattoriale, legata per esempio al genere sessuale, ai genitori, al fatto di essere nato in un determinato luogo, alla lingua, alla religione. Quando nasciamo, c’è già qualcosa prima di noi, di anteriore. Nasciamo dentro uno spazio e un tempo. Nasciamo dai nostri genitori che esistevano prima di noi. I genitori, a loro volta, sono venuti al mondo da altri genitori e così via. E tutto questo condiziona il nostro essere al mondo e costituisce il terreno su cui l’identità si sviluppa e cresce. “Quando capiamo noi stessi come creati in parte dalle nostre comunità, le responsabilità che derivano dall’appartenere a tali comunità non sono semplicemente obblighi volontari che scegliamo, ma parte di ciò che siamo [4]“.

Il comunitarismo si basa su una serie di principi che contrastano direttamente con quelli del liberalismo e dell’individualismo,[5] laddove riconosce che gli individui non sono isolati ma interdipendenti e pone al centro del modello di società la solidarietà e il mutuo supporto. Le decisioni e le politiche devono tenere conto delle esigenze e dei valori delle comunità locali. In proposito promuove una distribuzione più equa delle risorse e delle opportunità, mirando a ridurre le disuguaglianze e a garantire che tutti i membri della società possano partecipare pienamente alla vita sociale. La partecipazione attiva dei cittadini nei processi decisionali è essenziale. Il comunitarismo sostiene forme di governo che coinvolgano direttamente le persone nelle scelte che riguardano la loro vita e la loro comunità.

L’implementazione del comunitarismo richiede una serie di cambiamenti strutturali e culturali, diretti a sviluppare forme di economia cooperativa e solidale, ove il profitto non è l’unico obiettivo, ma si valorizza anche l’impatto sociale e ambientale.

Il pensiero del liberalismo che trova attuazione nel modello istituzionale dell’Unione Europea (con le varie declinazioni fino al Trattato di Lisbona) si pone in antitesi di finalità con la nostra Costituzione. La quale si basa prevalentemente sul principio della comunità e della libertà come elementi fondanti il rapporto sociale. La Costituzione italiana del 1948 offre una visione alternativa al liberalismo e all’individualismo, propendendo nel rispetto dell’equilibrio verso una visione di società più equa e coesa e riconoscendo l’importanza della comunità e della solidarietà.

Alla luce di quanto sopra solo se si (ri)parte dalla Costituzione, faro dei principi inviolabili, si possono creare le condizioni  di un maggior bilanciamento tra le due visioni sociali, perché il benessere dell’individuo e il benessere collettivo rimangano strettamente legati e possano crescere insieme.

Maggio 2024, Gianfranco Meazza


[1] Jhon Stuart Mill, On Liberty, Dover Publications , 2003.

[2] Tra gli autori significativi oltre a Stuart Mill per comprendere il pensiero liberale: John Locke (1632-1704): Saggio sull’intelletto umano, Bompiani, 2004; Friedrich Hayek (1899-1992): è noto per le sue critiche al socialismo e alla pianificazione centrale.  “La via della schiavitù”, Rubettino, 2011, avverte dei pericoli della perdita delle libertà individuali a causa del controllo statale

[3] Aristotele, Politica, Laterza, 2007

[4] Michael J. Sandel,  Liberalism and the Limits of Justice, ed inglese 2010; importante anche:  La tirannia del merito. Perché viviamo in una società di vincitori e di perdenti, Feltrinelli 2023;

[5]Tra gli autori di interesse da leggere vi sono: Charles Taylor – Sources of the Self: The Making of the Modern Identity Harvard University Press, 1992;